Con vergognoso ritardo di ben oltre tre anni, rispetto alla presentazione al festival di Venezia 2013 e all’uscita internazionale, ecco che, finalmente, nelle sale semivuote e gelide di aria condizionata, viene proposto al pubblico Tom a’ la ferme, uno dei gioielli del giovane regista canadese francofono Xavier Dolan, geniale talento, conosciuto al grande pubblico per Mommy ma autore di una mezza dozzina di pellicole che rivelano un talento altissimo e una ispirazione fresca e originale, e soprattutto di una mano sicura e ormai anche ampiamente matura. Il mese scorso gli è stata dedicata, qui a Roma, un’affollata e applaudita retrospettiva. Chi non ha avuto la fortuna di poterla seguire, è invitato a vedere questo Tom a’ la ferme e soprattutto a non perdere, quando uscirà, dopo l’estate, il mirabile Fino alla fine del mondo, premiato all’ultimo Cannes, entrambi film tratti da pièce, ma per nulla teatrali anzi cinematografiche in sommo grado.
Ma quali sono le doti principali di Dolan? Innanzitutto la maestria con cui con pochi e mai banali elementi, introduce lo spettatore e lo cattura. Alcuni critici hanno paragonato il tipo di effetto da approccio di Dolan a quello che avranno avuto i primi spettatori della nouvelle vague o a quello che avranno colpito i primi spettatori di Petri, Bellocchio e Bertolucci, e questo non per improbabili similitudini o affinità tra questi cineasti, ma per la incredibile felicità di mano e di potenza di racconto.
Come negli altri suoi film è un nucleo familiare al centro di Tom a’ la ferme.
Tom è un giovane pubblicitario che si reca nella fattoria di famiglia del suo compagno morto per, partecipare alle esequie dello stesso, ma molto presto Tom capirà che è chiamato a sostenere un ruolo rassicuratore poiché la madre Agatha non sa nulla della vita del figlio defunto e l’altro fratello è violento e omofobo. Il film si trova ad un certo punto sulla soglia di una virata da thriller psicologico o addirittura di un horror fino a una svolta regalataci dal racconto di un non protagonista. Invece no, è solo l’inferno quotidiano che scaturisce da non detto.
data di pubblicazione: 12/07/2016
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