(Teatro Sala Umberto – Roma, 1 Giugno 2016)
Una coltre di fumo inonda il palcoscenico fino ad avvolgere gli spettatori presenti in sala. Tra le nubi s’intravede una sagoma oscura, imponente, inquietante; nonostante la densità dell’aria, le sue parole fulminanti squarciano la nebbia: si chiama Aron ed è qui per raccontarci la sua storia.
La figura testé palesatasi non è altro che un sicario al libro paga di un’organizzazione criminale. La sua unica compagna è una Colt calibro 45, per il resto la solitudine lo divora, lo consuma. Mentre la sua arma fa fuoco verso le vittime designate, a far infuocare il suo cuore sarà Juliet, una splendida cantante incontrata in un night. La relazione che nascerà sconvolgerà la vita del criminale: spietato e cinico durante il lavoro, si dimostrerà un amante comprensivo e passionale ma, proprio per la sua inesperienza in campo amoroso, vivrà una profonda crisi d’identità e, pertanto, mediterà di lasciare il suo lavoro. La vita che Aron sogna di costruire, tuttavia, è puntellata da evanescenti illusioni e il suo progetto è destinato a crollare. La rottura con la splendida giovane aprirà una frattura indelebile e lo farà ripiombare nell’oscurità. Si addensano nuovamente le nubi intorno a lui, e prendono la forma dei suoi fantasmi, dei suoi demoni, pronti ad assalirlo di nuovo; perché non si possono rinnegare le proprie radici e Aron lo sa, lui è il professionista.
Ai continui sconvolgimenti tellurici dell’animo del protagonista, fa da pendant la scenografia realizzata da Fabrizio Bellaci e Davide Germano che, utilizzando del truciolato, forgiano gli elementi della scena in guisa che possano assumere varie forme, incastrandosi durante la messinscena come tessere di un mosaico.
Il conflitto interiore è reso adeguatamente con la personificazione del lato oscuro di Aron, interpretato efficacemente dall’adone Marco Rossetti, che realizza, in coppia con Maurizio Tesei, una delle scene più intense della rappresentazione.
La dark-comedy di Tommaso Agnese si rivela interessante e al contempo divertente, mercé il monologo esilarante di Antonino Iuorio (nei panni del rivale in amore di Aron) che consente di alleggerire la narrazione.
Lo spettacolo lanciato Fabrique du Cinéma, affiancato dalle mostre d’arte contemporanea, è un’idea innovativa che ha il merito di aver sperimentato e, soprattutto, di aver dato spazio ai giovani, rischiando dal punto di vista del risultato; d’altronde, come recita lo stesso protagonista durante la rappresentazione: “La vita è come un dado, non sai mai quale numero ti uscirà.”
data di pubblicazione: 03/06/2016
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