Lo Stato contro Fritz Bauer esce nelle sale solo pochi mesi dopo Il labirinto del silenzio. Se il film di Ricciarelli rendeva un omaggio discreto al procuratore generale Fritz Bauer, il quale infonde nel giovane Johann Radmann il coraggio di istruire il primo processo tedesco per i fatti di Auschwitz, il racconto di Lars Kraume tratteggia l’affresco eroico di Bauer, funzionando quasi da prequel del film di Ricciarelli.
Nell’immediato secondo dopoguerra il governo Adenauer persegue la politica della riconciliazione, con l’Europa e all’interno della Germania occidentale. In uno Stato in cui i vertici dell’amministrazione e delle istituzioni sono ancora intrise di infiltrazioni nazifasciste, “riconciliare” vuol dire però (anche) “cancellare” i crimini del Terzo Reich, a partire dalle deportazioni di massa e dagli stermini nei campi di concentramento.
Fritz Bauer assume l’incarico di procuratore generale a Francoforte. È ebreo, omosessuale ed ex socialista: una triade indubbiamente complessa da reggere per le spalle di un solo uomo. Dopo essersi salvato dalla persecuzione nazista non è disposto a lasciar cadere la cortina del silenzio sui crimini consumatisi in un Paese che è la patria di Beethoven e Goethe, ma anche quella di Hitler e di Eichmann. Proprio Eichmann, l’ideatore della “soluzione finale”, offre al procuratore l’occasione di avviare quel “processo” di revisione storica, di affermazione della giustizia e di consapevolezza socio-culturale che ha visto impegnata la Germania dopo la traumatica conclusione del Secolo breve.
Bauer è un uomo di legge, ma si rende conto ben presto che il rispetto delle regole non riuscirà ad avere la meglio sulla ragion di Stato. Quando viene a sapere che Eichmann si rifugia in Argentina, decide di rivolgersi al Mossad (i servizi segreti israeliani) per assicurare la sua cattura. Il rischio è quello di un’accusa per alto tradimento, ma il rischio ancor più elevato è di non giocare la sola mossa in grado di superare la condizione di stallo. Il giovane procuratore Karl Angermann (Ronald Zehrfeld), suo alter ego professionale e umano, decide di sedere dalla stessa parte del tavolo di Bauer in una partita tanto cruciale.
L’epilogo è una storia nota: Eichmann viene catturato e il processo non si terrà a Francoforte, come Bauer auspicava, ma in Israele. Quello stesso processo raccontato di recente nell’interessante The Eichmann show – Il processo del secolo, prodotto televisivo rimasto in sala pochi giorni in occasione della giornata della memoria.
Anche Lars Kraume, come Giulio Ricciarelli è italiano di nascita. E anche Kraume, come Ricciarelli, si confronta con un intreccio che va oltre il genere legal. Diritto e Giustizia, tradimento dello Stato nel disperato tentativo di salvare una Nazione: sono questi i temi che si trovano a comporre il mosaico di una storia ancora troppo recente per poter essere definitivamente archiviata.
Il racconto risente a volte del prevalere di schemi più televisivi che cinematografici (Kraume lavora molto anche per la televisione), ma riesce complessivamente a coniugare il racconto più strettamente investigativo con quello biografico, affidando al rapporto tra Bauer e Angermann il compito di lasciar emergere, fuor da ogni scontato idealismo, l’uomo che si cela dietro i fascicoli e la toga.
Lo Stato contro Frizt Bauer, Il Labirinto del silenzio, The Eichmann show: un’incisiva trilogia di riflessioni cinematografiche che, tra il 2015 e il 2016, hanno acceso i riflettori su una storia che, a quanto pare, ha ancora molto da raccontare.
data di pubblicazione: 8/5/2016
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