(Teatro Argot – Roma, 5/21 Febbraio 2016)
Si può riuscire a vivere isolati recidendo qualsiasi legame con il resto del mondo? Come riuscire a colmare il vuoto generato dalla solitudine? Quali segreti si annidano dietro una scelta di tal fatta?
Mario Capaldini (Giampiero Rappa) è uno scrittore di successo; chiamato a salire sul palco per ricevere un premio letterario, dopo un’invettiva contro lo stato in cui versa la società, lo rifiuta e decide di rinchiudersi in una remota baita montana.
Dopo tre anni di lungo silenzio, rompe il digiuno permettendo a un giornale di intervistarlo; ma l’affascinante inviata (Valentina Cenni), cui è affidato il servizio, non riesce a ottenere alcuna confessione dal misantropo scrittore e rimane con un pugno di mosche. Nonostante la delusione, la giornalista non prende immediatamente la via del ritorno, ma indugia nella baita, avvinta dalla personalità ieratica e dal fascino dell’uomo solitario (in cui si rispecchia).
Una volta congedatasi, un incontro inaspettato attende lo scrittore: il nipote Ronny (Giuseppe Tantillo) è venuto a fargli visita. Neanche il calore e la vivacità del giovane, tuttavia, riusciranno a scaldare il gelido Capaldini, che si rivelerà spietato e cinico anche nei confronti del familiare.
L’isolamento forzato dello scrittore di successo è solo la punta dell’iceberg: egli nasconde dentro di sé le motivazioni di siffatta scelta. La giornalista prima e il nipote poi, scioglieranno il ghiaccio che avvolge il suo animo, e solo alla fine, in uno sfogo virulento e catartico, emergeranno le ragioni che l’hanno portato a una scelta così radicale.
La rappresentazione è un’indagine accurata sul logorante tormento interiore e sulla difficoltà dei rapporti umani. Una pièce costruita a regola d’arte, dove dialoghi veementi e accesi alterchi si saldano a pause introspettive e lunghi silenzi (che si rivelano più violenti delle parole); ciò soprattutto grazie all’intensa recitazione dei tre attori sul palcoscenico (specialmente quella del giovane Giuseppe Tantillo, la cui interpretazione vibrante fa suonare le corde più intime dell’animo degli spettatori).
Lo spettacolo è altresì un monito nei confronti di chi cerca di scappare: per quanto lontano uno possa andare, lo scontro con se stessi è ineludibile; le ansie, le paure, le inquietudini sono pronte a bussare alla porta, per loro nessun luogo è lontano.
data di pubblicazione:15/02/2016
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