L’ultimo film di Carlo Verdone entra in punta di piedi in quella che potremmo definire “l’era di Checco Zalone”, un’era in cui i parametri della comicità sono cambiati e la rispondenza plateale del pubblico italiano sancisce una innegabile mutazione nel percepire il genere commedia. Tuttavia L’abbiamo fatta grossa ha quel gusto autentico di vecchia commedia all’italiana con al suo interno una storia ben articolata, che accontenta quella fascia di pubblico che non vuole “dimenticare” un passato glorioso e che ride di gusto quando l’attore di teatro Yuri Pelegatti (Albanese), smemorato in scena perché la moglie lo ha appena lasciato, incarica Arturo Merlino (Verdone) di pedinarla credendolo un bravo investigatore. Arturo, goffo ex carabiniere costretto a convivere con una vecchia zia che parla (e non solo) giorno e notte con il marito defunto, accarezza così l’illusione di ravvisare in Yuri il cliente che aspettava da tempo e che darà finalmente una svolta alla sua vita.
Ma quando i loro destini si incontrano e le carte si scoprono, i guai non tardano ad arrivare: ed ecco che la coppia Verdone/Albanese riesce a farci passare due ore molto divertenti, non sembrando azzardato a chi scrive di ravvisare una certa assonanza con l’indimenticabile duo Lemmon(Felix)/ Matthau(Oscar), non solo per gli insoliti nomi di scena, ma perché assistiamo ad una prova attoriale molto equilibrata in cui nessuno è spalla dell’altro, ma ognuno brilla di luce propria senza tuttavia togliere nulla all’altro.
Molto ironiche sono le autocelebrazioni quando in Yuri, travestito da religioso, irrompe la voce di Cetto La Qualunque o quando per conquistare una ingenua barista con aspirazioni da cantante lirica Arturo racconta improbabili storie investigative, tornando per pochi attimi a vestire i panni di quel Sergio che imitava Manuel Fantoni, con tanto di sigaretta e… fatti di droga.
E sul finale, per colpa di un pedinamento sbagliato e di una valigetta piena di soldi, Yuri ed Arturo ci saluteranno con un omaggio che evoca un famoso gesto del grande Alberto Sordi ricordandoci, come solo due bravi attori possono fare, che la commedia italiana ha radici profonde che non vanno recise.
data di pubblicazione: 04/02/2016
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