Lascialo andare.Saper lasciar andare una persona, un ricordo, accettare una perdita: questo è il doloroso traguardo che lentamente e faticosamente Anna (l’intensa Juliette Binoche) riconosce a sè stessa al termine dei tre giorni trascorsi insieme alla giovane Jeanne (Lou de Laâge). Alla vigilia della Pasqua del 2004 due estranee, Anna Remigi e Jeanne, due francesi diversamente unite dall’amore per lo stesso uomo, si incontrano per la prima volta nelle terre siciliane del Ragusano: Jeanne è venuta da Parigi per trascorrere qualche giorno con il suo fidanzato Giuseppe, il figlio di Anna. Non appena giunta nell’elegante e decadente casa della famiglia Remigi, la giovane Jeanne percepisce un generale disagio, di non esser giunta al momento giusto e che qualcosa, ma non si comprende esattamente cosa, turba profondamente la madre del suo ragazzo e di coloro che le sono accanto. Ha così inizio L’Attesa di Anna e di Jeanne. Ma cosa attendono? Un evento, una consapevolezza, una persona, una novella. Piero Messina porta in concorso alla 72^ Mostra del Cinema di Venezia una storia, realmente accaduta nel 2006, raccontatagli da un amico qualche anno fa; una storia che, per la delicatezza e la sensibilità, ha toccato intimamente il regista al punto che un giorno ricordandola ha deciso di raccontarla con il suo primo lungometraggio. La non accettazione della morte e la difficile elaborazione di un lutto sono in simbiosi con le nebbie, il vento, l’invadente sole di una Sicilia barocca che talvolta appare, come ricorda nella conferenza stampa Giorgio Colangeli – interprete del personaggio Pietro, il factotum del casale Remigi il quale si rivelerà deus ex machina del racconto -, come una grande tomba. Il film, costruito su un simbolismo costante (l’acqua e l’abisso del lago, il bianco della calce sugli alberi di ulivo, il vestito rosso di Jeanne, le mani giunte della statua della Madonna, il bagno turco, le specchiere barocche oscurate da drappi neri), segue il sopito, lento ritmo della protagonista, Anna, la quale deve risvegliarsi dal suo torpore inerme scegliendo come continuare a vivere: aderire alla realtà, accettandola, oppure rifuggirla, negandola. L’ascensione di Anna, verso la resurrezione della sua anima, e di Jeanne, verso la comprensione della verità, coinciderà con il momento apicale della processione della notte del sabato di Pasqua. Un generale senso di mistero e indecifrabilità, proprio di ogni attesa importante, permea il realismo emotivo del film che, però, in alcune inquadrature, nei primi piani dei personaggi (e delle comparse), nel tappeto mobile di un aeroporto che fa da sfondo ai titoli iniziali e nei toni alti con cui alcuni brani della colonna sonora intervengono da protagonisti nella narrazione, risente dell’ormai inconfondibile stile di Paolo Sorrentino, di cui l’esordiente regista è stato aiuto in ben due film (This must be the place e La Grande Bellezza). Non manca qualche lieve svista registica come il frinire delle cicale nei giorni che precedono la domenica di Pasqua.
data di pubblicazione 06/09/2015
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