Il sipario si apre su altri due sipari a righe che danno un effetto optical, come fossero tanti fiammiferi allineati, preparando un’emotiva ipnosi collettiva. Ma perché le prime parole, o fonemi, che ascoltiamo, sono incomprensibili? A che serve parlare se non si capisce, si chiede un’ipotetica narratrice. E perché nel palcoscenico finalmente aperto campeggia un enorme punto interrogativo? Stiamo per ascoltare la fiaba di Andersen La piccola fiammiferaia, la storia della bimba povera che muore di gelo o si sta giocando al gioco del teatro con un’intenzione insieme semplice ma anche squisitamente meta teatrale? Non è la prima volta che Chiara Guidi e la Societas Raffaello Sanzio si avvicina al mondo delle fiabe, in un indimenticabile Buchettino (titolo italiano di Pollicino) di anni fa, il pubblico era ospitato in una stanza buia dove tutti, piccoli e grandi, dovevano coricarsi dentro alcuni lettini da collegio ottocentesco e lì ascoltavano la narratrice che raccontava la fiaba mentre i passi dell’orco e la sua ombra inquietavano il fortunato pubblico di quella esperienza teatrale. Qui all’apparenza è tutto più astratto e meno coinvolgente ma poi quando nell’oscurità si dà inizio al rito dei fiammiferi accesi, tutto si fa incantato e toccante: un gioco che non può fermarsi, perché ad ogni fiammifero acceso corrisponde un’evocazione, un ricordo,e basta una musica, una percezione, un attimo di teatro, insomma, e la magia riprende e anche le favole tristi possono riacquistare il calore della memoria, nessun gelo reale vincerà, la fantasia e il teatro hanno la meglio sulla Morte. Protagoniste di questo incantesimo la maestria di Chiara Guidi e la semplicità della piccola attrice che si fa guidare e grazie a loro per la prima volta La bambina dei fiammiferi non è “una favola che mi fa piangere”, come diceva coi lucciconi agli occhi la mia nipotina quando gliela narravo io.
data di pubblicazione 20/04/2015
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