Un format sperimentato e di successo per un ovvio sfruttamento della quasi cinquantennale carriera del più longevo tra i comici italiani. Si gusta come una telenovela perché non c’è un nesso circostanziato e diretto tra un breve episodio e l’altro. Schegge di venti minuti con pretesti plausibili. Si avverte la mancanza di Max Tortora validissima spalla. Quando manca Verdone in primo piano (vedi disavventure amorose della figlia) la tensione si abbassa sensibilmente.
Il fil rouge dei dieci episodi è l’investitura di Verdone a direttore artistico del Festival di Sanremo. Dopo la abortita candidatura a sindaco di Roma un altro traguardo alto per un attore/autore che al cinema ha dato tutto e forse non girerà più film. Dunque un confortevole e funzionale ripiego nei mesi di pausa per un’operina seriale gradevole e senza picchi, in leggero calo rispetto al mordente delle prime due serie, sotto altre egide produttive. Chi ama Verdone sorriderà anche di fronte a questi lacerti di racconto dove a volte la pretestuosità dela trama espone tutta la propria fragilità. Tra le gemme della nuova esperienza il cantautorato di Lucio Corsi, a lungo corteggiato per la partecipazione all’evento sanremese. In particolare il trentenne romano ha un hit che spacca e che è rimasta nel cassetto per cinque anni. E Corsi sembra più credibile come attore di quanto non lo sia stato Sangiovanni nel precedente ciclo. Non dispiace di vedere alle prese con la consueta caratterizzazione la più brava attrice italiana di teatro, Maria Paiato. Guerritore e Rocca, rispettivamente moglie e impossibile amante, sfoggiano un divertente campionario di nevrosi in linea con lo spirito dei tempi. Verdone ha una vita agitata nella finzione. Gli inconvenienti sono all’ordine del giorno, complice anche la sua popolarità. Si ritrova anche in un locale equivoco, pregno di equivoci, ricco di scambisti, un attentato alla propria reputazione.
data di pubblicazione:2/12/2024
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