con Massimo De Lorenzo, Carlo De Ruggieri, Cristina Pellegrino e con Giordano Agrusta, scene Francesco Ghisu, luci Luca Barbati. Produzione Marta Morico
(Teatro Vascello – Roma, 27 febbraio/3 marzo 2024)
Una famiglia tribale, di stampo sudista, allocazione calabrese è un intrico di patriarcato e antichi riti. La moglie non ha diritto di parola, il figlio si macera nella frustrazione. Si parla una lingua arcaica ricca di invenzioni. Frutto della fantasia di Mattia Torre,autore scomparso ma ancora riccamente e giustamente rappresentato.
Personaggi rozzi, minimali complessati, racchiusi in un mondo di rara grettezza. L’ignoranza si mescola con la povertà e il ricorso ai cibi, spesso solo evocati è una possibile ancora di salvezza. Anche perché quel sugo della nonna, annunciato ancora prima della rappresentazione bolle lì da 4 anni se non addirittura da 13, cioè dalla prima assoluto dello spettacolo. Ovviamente De Lorenzo si trova benissimo con le varianti del calabrese e Carlo De Ruggieri fa apparire credibili i 19 anni di un figlio traviato dalla grottesca educazione familiare che gli è stata impartita. Il focus è l’apparizione di un personaggio altrettanto rozzo che però deve dispensare un favore. Che appare enorme al capofamiglia ma che è figlio di una assoluta mancanza di visione. Anzi, la dissipazione del gruzzoletto per ottenere questo benefit scatena l’ultima rissa finale. Dove tutti uccidono tutti.. Un cupio dissolvi che è una sorta di specchio di un sentire molto italiano dove la speranza di futuro è ridotta ai minimi termini. In sala pubblico di generazione miste, contrariamente al solito, per un evergreen che, come sempre, funziona. Bando alla solidarietà, a un’idea qualsiasi di progresso, di apertura al mondo femminile. È iscritto nel DNA dei personaggi un’uscita di scena catastrofica anche quando la presunta bella notizia sembra allietare l’umore del riconosciuto capofamiglia. Ma la brace che cova non tarderà a manifestarsi con inaudita violenza.
data di pubblicazione:03/03/2024
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