Il Cecil De Mille del nuovo secolo si cimenta con un altro kolosssal sfidando la storia del cinema, la storia di Napoleone, i precedenti filmici, i pregiudizi dei francesi che coccolano il loro eroe nazionale come potrebbero fare gli italiani con Garibaldi. Dollari a profusione, scene di battaglia ineccepibili ma poi un imperatore visto dal buco della serratura. Con i suoi tic, le sue preferenze sessuali e uno squilibrio sulla vicenda sentimentale che nella vita reale non fu poi così rilevante e determinante, trascurando invece il fondamentale rapporto con la madre.
Un film da vedere, un must ma non da metabolizzare. Perché senza sottofondi, seconde letture, interpretazioni. Contraddicendo la storia in almeno tre punti. Errori voluti che non sono bloopers ovvero contraddizioni diegetiche come veder rappresentato un orologio al polso di uno spettatore al Colosseo (è successo nel Gladiatore). Scott si autorizza da solo nel nome scontato dello spettacolo e delle ragioni d’incasso. Più che il politico emerge lo stratega nel protagonista dopo che è stato esaurito in un amen l’excursus sulla Rivoluzione francese, come un comodo e inoffensivo Bignami. Non si può accusare un film di superficialità ma di sacra impressività certamente sì. Un’occasione parzialmente sprecata anche in ragione del massimo investimento produttivo. Quello che sbalza fuori nitidamente- e questo è certamente rilevante nella narrazione- è la fragilità delle alleanze nello scacchiere della geopolitica dell’800. Accordi spesso omogeneizzati con matrimoni. Napoleone prima della celebre Waterloo è un sovrano già deposto quando perde 460.000 uomini su 600.000 nella campagna di Russia. A destino segnato imbocca la strada del declino metaforizzata dalla sua scarsa agilità nel salire a cavallo. E la Francia quando soccombe ha tutti contro anche se continua fino all’ultimo a credere nelle capacità del suo condottiero. Bravi e all’altezza gli attori, soprattutto la valorizzatissima Kirby.
data di pubblicazione:04/12/2023
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