regia e traduzione di Giampiero Cicciò, con Saverio Barberio, Lisa Lippi Pagliai, Tommaso D’Alia, Carlotta Solidea Aronica e Ivan Artuso
(Trend – Teatro Belli – Roma, 17/19 novembre 2023)
Posti uno di fronte all’altro, i componenti della famiglia stretti intorno al loro figlio più grande che ha tentato il suicidio, si affibbiano colpe e responsabilità sotto la supervisione di un attento analista. Al teatro Belli per Trend va in scena The Animal Kingdom di Ruby Thomas, nella straordinaria regia di Giampiero Cicciò.
Dall’osservazione di ciò che accade nel regno animale non necessariamente si deve arrivare a conclusioni che giustifichino determinati comportamenti. A volte la sola descrizione aiuta a comprendere cosa abbiamo davanti e nel caso dell’essere umano, che appartiene di diritto a questo regno, si può risolvere nella presa di coscienza di sé stessi. Ruby Thomas, l’autrice della pièce The Animal Kingdom, inserita nella programmazione di Trend (la rassegna dedicata alla drammaturgia contemporanea inglese diretta da Rodolfo di Giammarco al Teatro Belli) ci propone di osservare una famiglia stando aldilà di uno specchio spia, di quelli che si trovano nelle stanze per gli interrogatori o, come in questo caso, in un ospedale psichiatrico.
Sam (Saverio Barberio) è ricoverato perché ha tentato il suicidio. È un ragazzo sensibile, intelligente con una grande passione per gli animali che coltiva nei suoi studi universitari. Di lui si prende cura Daniel (Ivan Maria Artuso), un terapista della clinica specializzato nelle sessioni di gruppo. Sono in attesa che arrivino i familiari di Sam, come sempre in ritardo. Quando finalmente arrivano e iniziano a interagire, capiamo da dove provengono i problemi di Sam. I genitori sono separati ed entrambi si sono rifatti una vita con nuove relazioni. La madre (Carlotta Solidea Aronica) mostra un atteggiamento esageratamente entusiasta e iperprotettivo nei confronti del figlio. Tuttavia si sente stanca e inadeguata perché non riesce a ottenere il controllo totale delle cose. Il padre (Tommaso D’alia) non parla molto, scruta in disparte la situazione. È deluso dal figlio, sul quale aveva investito come fa nel suo lavoro, cercando di recuperarlo come si fa in finanza con i crediti di un’azienda in fallimento. E poi c’è Sophia (Lisa Lippi Pagliai), la sorella minore, triste e arrabbiata, quasi invisibile ai margini del quadro familiare.
Visti oltre lo specchio appaiono come animali in gabbia, chiusi in un contenitore che gli attori non lasciano neanche quando non sono parte agente della scena. La famiglia è una trappola che obbliga ad avere relazioni anche quando queste sono tossiche, si è costretti al confronto con i membri che ne fanno parte. Esprimere i propri sentimenti è difficile, nessuno ha il coraggio di rompere il ghiaccio, ma quando si aprono esplode anche la violenza. Giampiero Cicciò intercetta nella regia questo aspetto del testo di Ruby Thomas e mostra, con un sapiente quanto semplice cambio di illuminazione, ciò che avviene nella mente di ognuno. La violenza dei pensieri si traduce in combattimenti fisici tra gli attori che via via vengono chiamati dalla terapia a esprimersi.
L’autrice è stata capace di drammatizzare una situazione universale. Non si scappa dalla tentazione di chiedersi quale ruolo occupiamo nel nostro nucleo familiare. L’immedesimazione è naturale e se in alcuni punti ci fa sorridere, perché vediamo riflesse le nostre nevrosi, in altri, dove ritroviamo il nostro vissuto, commuove. La regia di Cicciò ha il pregio di aver capito il dramma e di averlo restituito con misura e una chiarissima messa a fuoco dei personaggi. Ogni attore ha compreso le ragioni psicologiche del proprio personaggio, ogni carattere è definito nella sua frustrazione. Nonostante appaiano come monadi che difettano di comunicazione, la squadra di artisti lavora insieme e il risultato è armonioso, intonato. Il disegno della scena è essenziale, quasi privo di elementi. Un’efficace soluzione che mette in risalto la vulnerabilità dei personaggi. Non ci sono quinte dietro alle quali possano nascondersi. L’analisi li squarta e mostra la loro umanità lacerata e sanguinante.
Si cercano le colpe e si scaricano le responsabilità, si scontrano teorie e punti di vista. Parlare non cambia le cose, ma almeno fa acquisire consapevolezza. Non ci sono né vincitori né vinti in questa guerra familiare, ma un punto va a favore del teatro, che di fronte a un dramma del genere dimostra di essere un eccezionale mezzo terapeutico.
data di pubblicazione:20/11/2023
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