Un ipotetico film di Natale, uscito però sotto Carnevale, mutato da Bouvard e Pécuchet, romanzo incompiuto di Faubert. E alla fine incompiuto è anche il film che rimane a mezza strada tra la favola contadina e un proposito didattico buonista troppo esplicito. Regia acerba di Battiston e dialoghi spesso impalpabili.
Anche un film onesto nei propositi e nelle tesi può deludere se non è assistito da un solido impianto di sceneggiatura. E così da spettatori sembra un po’ la sagra del già visto (recentemente Astolfo) con il trapianto di due amici molto diversi che, per un caso fortuito (troppo fortuito?) si riciclano in una casa di campagna, rifiutando le metropoli, con il sogno troppo miraggio di costruirsi il fabbisogno per vivere grazie ai terreni ereditati dalla nonna di uno dei due. E nel Friuli ostico si scontreranno con l’irsuta popolazione locale, scoprendo quanto è amaro il pane che uno deve cuocere da solo nell’inventato paesetto di Valvana. E se uno troverà l’amore questo sarà anche la causa dell’incendio che distruggerà il fienile. Peripezie assortite in cui prevale sempre la legge di Murphy. Cioè quello che potrebbe andare male andrà peggio…L’accoppiata Battistom-Ravello, una strana coppia poco assortita, funziona fino a un certo punto per la prevedibilità del plot in cui fine esplicito è quasi dichiarato fino dalla prima scena. Apprezzabili certi bozzetti campestri con personaggi di durezza quasi ritagliata dal legno. Però il tutto ricade negli stilemi di un cinema italiano senza guizzi e sorprese. C’è molta Slovenia e anche un po’ di Tuscia nel decorativo country. Lo si assolve con minore fatica se si ripensa a Flaubert e al tentativo all’italiana di ripercorrerne le orme narrative anche se le aspettative non si traducono in realtà filmica.
data di pubblicazione:24/01/2023
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