(Teatro Belli – Roma, 22/23 novembre 2022)
Luca Toracca è Quentin Crisp (ph. Laila Pozzo), l’attore e scrittore che non ha fatto mai mistero della sua omosessualità, portando avanti con brillante ironia la sua battaglia fino a diventare un esempio per molti.
Un grande sipario rosso scende dall’alto e abbraccia il palcoscenico con le sue pieghe. Il significato è inconfutabile: questa storia è uno spettacolo. Il personaggio qui rappresentato è egli stesso lo spettacolo. La scena è invasa da un caos di oggetti, tra cui spicca una toletta illuminata con i trucchi e parrucche. Cimeli di un passato glorioso, che trasmettono ancora la loro energia pulsante.
Be yourself, no matter what they said (sii te stesso, non importa cosa dicono gli altri) è la frase che fa da ritornello in Englishman in New York di Sting, brano dedicato proprio alla figura di Quentin Crisp. Icona gay della cultura inglese, uomo eccentrico dalla personalità esplosiva e travolgente, Quentin Crisp è riportato in vita nello spettacolo scritto da Mark Farrelly, andato in scena al teatro Belli per la ventunesima edizione di Trend, la rassegna di drammaturgia inglese contemporanea diretta da Rodolfo di Giammarco. Essere sé stessi, ostentare con eleganza e garbo la propria omosessualità, non nascondendosi dietro a ipocrisie e falsità – semmai solo dietro a un velo di trucco e a tanta intelligente ironia – è il messaggio di cui si fa portatore Luca Toracca, protagonista della pièce prodotta dal Teatro dell’Elfo di Milano. La somiglianza tra attore e personaggio è notevole, se non addirittura impressionante. Viene da chiedersi quanto ci sia di Quentin Crisp in Luca Toracca. La finzione del palcoscenico svanisce e l’attore fa capolino oltre la quarta parete. Non si limita a parlare al pubblico, ma con esso crea una situazione di ascolto e interazione. Il teatro diventa così uno strumento di educazione e di lotta. Non solo una lezione di vita, condotta con tagliente ironia e distacco da tutte le sofferenze che essa porta, ma uno strumento di denuncia di tutti gli abusi, le ingiustizie, le aggressioni che ancora oggi vedono vittime tutte quelle persone che hanno come unica colpa quella di essere diversi dagli altri, dall’indistinta giudicante maggioranza.
Seguendo la lezione di Toracca/Quentin, appare chiaro che il vero talento non risiede nel saper fare qualcosa, ma nell’essere sé stessi senza vergogna. Vale quindi la regola che la vita è più difficile per chi vuole diventare sé stesso. La strada è lunga e per nulla semplice. Dal testo, narrato in prima persona seguendo l’ordine cronologico dei fatti raccontati all’imperfetto (il tempo verbale con cui si parla del passato e dei sogni), si apprende che Londra negli anni Trenta era un posto avverso agli omosessuali effeminati come Quentin. L’ostilità partiva dalla famiglia e proseguiva per strada, tra insulti, molestie e a volte percosse. Gli anni della guerra non sarebbero stati più facili. Posare nudo come modello per le scuole di arte poteva essere l’unica alternativa dignitosa alla prostituzione. Gli anni Sessanta segnarono invece un periodo di tolleranza. Ma uno come lui, abituato a sorprendere con la sua eccentricità, neanche qui trova posto.
La svolta avviene quando, quasi ottantenne, arriva a New York. La città è eccitante e lo accoglie regalandogli fama e successo. Ed è qui che si chiude la parabola straordinaria della sua vita, colorata e complessa come le sue acconciature. Un racconto che Luca Toracca incarna con consapevolezza e convinzione, esprimendolo con tutta la dolcezza di chi sa che può dare consigli. “Scoprite chi siete e siatelo, anima e corpo” grida risoluto, perché quello che conta non sono i dubbi o i rimpianti, ma cosa siamo oggi, nonostante quello che pensano gli altri.
data di pubblicazione: 30/12/2022
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