(Teatro Sette – Roma, 6 dicembre 2022/8 gennaio 2023)
Magnifico formati di commedia brillante/natalizia. La giovialità attoriale di La Gnestra timbra lo spettacolo in perfetta sinergia con gli altri due funzionalissimi partner.
Teatro leggero ma intelligente, adatto al pubblico borghese e a quel particolare tipo di spettatore che magari si accosta a una sala solo per Natale. Nonostante il capello brizzolato La Ginestra è il ragazzone di sempre, pronto a rituffarsi a marzo nei panni di Rugantino nel più capiente Sistina. Ma qui, nel suo regno, nello spazio di propria gestione, tiene banco per un mese con un testo che funziona e che al di là dell’apparente superficialità o levità regala qualche eloquente pillola di saggezza, rimbombante sin dal titolo. “L’attesa del piacere è in fondo essa stessa piacere”. E difatti il vivaista/piantologo, impersonato dall’attore principale, non ha alcuna fretta di accasarsi. Una scontrosissima e efficiente dipendente di una seriosissima azienda, specchio dei nostri tempi frenetici, prima lo prende di petto, poi man mano recepisce il suo messaggio. E si invaghisce del quiet man fino a sedurlo con un crescendo che alimenta spunti comici. Merita un applauso il terzo protagonista. Il giovane di studio, tutto mamma e nonna, che è il sandwich dialettico tra i due. Ariele Vincenti è cresciuto molto e qui ricorda la lezione di Nicola Pistoia tanto che alcune battute potrebbero essere recitate dal suo maestro di teatro, con 40 anni in più di esperienza sulle spalle. La scenografia è all’altezza della situazione. E le deliziose musiche (Dalla, Daniele, Bongusto) sono un delizioso contrappunto a separare i vari momenti dell’azione. Commedia garbata, a tratti malinconica, che scandisce il passare del tempo ma anche la sua immutabilità. E’ talmente happy end alla fine che il pubblico applaude a scena aperta abbracci e baci dei protagonisti finalmente uniti anche grazie a una inaspettata gravidanza.
data di pubblicazione:21/12/2022
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