Presentato nell’ultima edizione del Festival di Venezia appena conclusasi, Les enfants des autres di Rebeca Zlotowski, arrivato da qualche giorno nelle nostre sale fortunatamente con lo stesso titolo ma non valorizzato dal doppiaggio, è un film sicuramente originale per contenuti, ben diretto, con interpreti misurati nei loro ruoli, uno di quei piccoli film francesi di cui non se ne può fare a meno.
La quarantenne insegnante di liceo Rachel (Virginie Efira), separata senza figli, segue con molto interesse i propri allievi studiandone attentamente le attitudini, al fine di indirizzarli correttamente nell’iniziale inserimento nel mondo del lavoro. Come svago serale Rachel prende saltuariamente lezioni di chitarra dove, a volte, viene accompagnata dal suo ex compagno con il quale ha mantenuto un cordiale rapporto di amicizia. Durante una di queste lezioni conosce Alì e se ne innamora. L’uomo è separato ed ha una figlia, Leila, di 4 anni con la quale Rachel, seppur senza difficoltà, riesce a stringere un legame molto intenso, fatto anche di quelle cure che una madre mette in atto con un figlio proprio.
Rebeca Zlotowski, quarantaduenne regista e sceneggiatrice francese, dichiara di aver girato il film che lei stessa avrebbe voluto vedere al cinema su una quarantenne senza figli che si innamora di un padre single. Mentre cerca i trovare spazio nella famiglia dell’uomo, la donna incomincia a sentire il desiderio di avere una famiglia sua. Ma da personaggio tradizionalmente in secondo piano… è costretta a scomparire con la fine della storia d’amore.
Di fronte a tante pellicole che “urlano” urgenze, questo film sussurra con un linguaggio semplice ed essenziale un tema niente affatto marginale, su quanto senso materno ci sia in alcune “madri secondarie” a cui la vita non ha concesso di essere genitrici. Tra i tanti modi di esplorare le cure legate alla maternità, o al desiderio di essa, il film dimostra che queste non sono di appannaggio esclusivo delle sole madri biologiche, ma quasi un’essenza dell’essere donna: esplorando il tema della cura di quei figli che, come dice la protagonista, fanno penare i veri genitori per compensare la gioia di averli avuti, la regista pone l’accento su un tema piccolissimo, ma importante al tempo stesso, su come certi atteggiamenti materni possano sgorgare spontanei e profondi anche da chi madre non lo è, o per natura o per scelta, seppur di fronte ad una temporalità breve che non gioca a favore.
E senza voler svelare altro della storia, lo spirito lieve ma intenso che si coglie nel visionare questo film è ulteriormente esplicitato sul finale dalla scelta, decisamente vincente, della versione di Les eaux de Mars cantata da George Moustaky.
data di pubblicazione:26/09/2022
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