(Teatro Argot Studio, Roma – 7/25 gennaio 2015)
Il Teatro Argot Studio inaugura il 2015 con l’ultimo Lavoro di Filippo Gili che si conferma autore drammaturgo sapiente. Sul palco dell’Argot si alternano tre spazi: al centro la casa dei genitori (Giovanni e Michela) dei protagonisti, Antonio e Elena, dunque la famiglia riassunta nel momento conviviale dell’incontro/scontro e del racconto. A sinistra lo spazio dell’intimità, dove si sviscerano le paure, i ricordi dei due fratelli (ma anche tra padre e figlia) e a destra l’ambiente freddo e asettico della stanza di ospedale dove i due medici perseguono la loro etica.
L’Opera si apre con quella che solo apparentemente è la “solita” cena di famiglia, una tavolata come tante altre, perché nel ritmo incalzante dei dialoghi iniziali, serrati e precisi, “quattro chiacchiere” (<<ma poi si dice “far quattro chiacchiere” o “fare due chiacchiere”?, “due passi” o “quattro passi”?>>) tirano altre quattro chiacchiere e la famiglia finisce con l’arrovellarsi sulla seguente domanda fatta solo pour parler dalla figlia ai genitori: se fossero costretti a dover scegliere quale dei due figli salvare ciascuno di loro chi sceglierebbe tra i due? Dopo il vortice dei fulminei ed ingenui botta e risposta dei quattro commensali le luci si spengono e si riaccendono quelle bianche al neon della camera di ospedale. Qui due medici comunicano ad Elena e Antonio che i loro genitori sono affetti da una malattia rarissima, talmente rara che pur ricorrendo in un soggetto ogni 6.000.000 questa volta si è palesata ed accanita con due persone che si amano e vivono da 40 anni sotto lo stesso tetto, nello stesso microcosmo di Terra. Fatti gli accertamenti clinici del caso, però, emerge che non entrambi i figli bensì solo Elena può sottoporsi all’unico espianto praticabile e, dunque, fratello e sorella dovranno scegliere in una manciata di giorni quale dei due genitori salvare. Da questo momento ha inizio il dramma, il dilemma tra ragione (o meglio, quel timido frammento di razionalità che fa capolino in situazioni tutt’altro che lucide) e sentimento, tra cinico calcolo e amore viscerale. Fratello e sorella si ritrovano più uniti che mai in un inferno di riflessioni, incubi e notti insonni. Chi sceglieranno e sulla base di quali “parametri”? Lasceranno che la malattia faccia il suo naturale corso e non sceglieranno o butteranno uno dei due genitori giù dalla “fredda” torre? Lasceranno che sia il caso a buttarne uno giù? La loro scelta sarà accettata dai due “ambasciatori” della scienza, che applicano la ricerca, le statistiche e parlano di etica perseguendo il “freddo” scopo di salvare vite umane?
Il Testo di Filippo Gili è davvero ben strutturato e affronta il tema classico e moderno della malattia e delle “Scelte” in modo energico, senza mai cadere nella banalità, nel “già visto e sentito”, senza angosciare misurando sapientemente l’ironia, il sarcasmo, l’amore e il dramma con dialoghi e interrogativi in cui ogni spettatore si immedesima fin da subito. L’Autore e il Regista hanno ben diretto gli attori e davvero ottima è la prova dei due protagonisti, Barbara Ronchi (Elena) e Massimiliano Benvenuto (Antonio): Lei incarna perfettamente il doppio dramma di figlia/bambina – che vorrebbe, come ogni bambina rannicchiata su un divano, soltanto vivere il dolore e gli ultimi momenti dei due genitori insieme – e quello di figlia eroina, a tutti costi dura che anche questa volta è prigioniera del ruolo di donna trentenne “con le palle” che non scende a compromessi; Lui, invece, è perfetto nel ruolo del fratello Antonio il quale alla fine, dopo aver provato a mediare tra la sorella e la “voce della medicina”, rimane ipnoticamente assorto, immobile, e lascia alla sorella – o forse lo aveva lasciato fin dall’inizio – il compito di scuotere e definire gli eventi. Entrambi i protagonisti catalizzano la scena e tengono vivo tutto il testo fino al sipario che cala con l’assordante ultima “goccia d’acqua” che cadendo fa traboccare il vaso del dilemma. Quel vaso ormai colmo di tutte le possibili (ed impossibili) assurde combinazioni di criteri vagliati per approdare alla scelta bramosamente attesa dai due medici. Dall’alto di una fredda torre è una pièce teatrale che potrebbe tranquillamente approdare al grande schermo del cinema d’Autore. Da vedere!
data di pubblicazione 11 /01/2015
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