Big Eyes di Tim Burton racconta al grande pubblico la storia vera di Margaret Keane, la pittrice dei bambini con gli occhi grandi.
Gli occhi, si sa, sono lo specchio dell’anima e Margaret l’anima la vede così: sconfinata, sproporzionata, ingombrante, sgranata sul mondo e sugli altri occhi. Gli occhioni dei suoi bimbi resterebbero però uno dei tanti orpelli da bancarella se il secondo marito di Margaret, Walter Keane, affabulatore con la smania di diventare artista, non si appropriasse fraudolentemente delle opere della moglie immettendole nel tritacarne dell’arte massmediatica. Quell’arte in cui i critici riescono a vedere solo del banale kitsch involgarito dall’ossessione della serialità, ma che il resto del mondo è disposto a comprare senza riserve. E quando le tele diventano troppo costose, si passa alla loro riproduzione: poster, cartoline, biglietti d’auguri venduti nella galleria d’arte di Walter e negli scaffali del supermercato.
Margaret, dopo aver divorziato dal primo marito, non se la sente di mettere nuovamente in discussione quella potestà maritale alla quale persino un prete si sente in dovere di richiamarla, nell’America degli anni Sessanta non ancora pronta a metabolizzare un’arte fatta da donne. Per questo continua a dipingere e a lasciare che Walter si goda l’inebriante ubriacatura del successo. Continua a dipingere in maniera bulimica, nevrotica, patologica, fino a quando la classica goccia che fa traboccare il vaso non la convincerà a cambiare vita e a trascinare suo marito in tribunale.
Pronunciare il nome “Tim Burton” significa accostare a quel nome l’aggettivo “visionario”, ma in Big Eyes di visionario c’è davvero molto poco, se si fa eccezione per la sequenza del supermercato e quella del tribunale e per gli abbaglianti colori della fotografia dell’inizio e della fine del film che esaltano lo sguardo di Amy Adams, più sconfinato, sproporzionato, ingombrante e sgranato di quello dei suoi bambini.
Una bella “favola vera” sostenuta dalle interpretazioni magistrali di Amy Adams e Cristoph Waltz, ma con scarsa capacità di sorprendere e di incantare.
data di pubblicazione 04 /01/2015
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