(Teatro Vascello- Roma, 28/31 ottobre 2020)
La rarefazione estenuata dei rapporti di copia. La ripetizione come logoramento nella vita coniugale. Una complessa trama di abitudini, luoghi comuni, attese non corrisposte alleggerite da una colonna sonora orecchiabile e tratti da music hall.
Teatro a domicilio per 48 attenti spettatori davanti allo schermo di un computer. Spettacolo dal vivo che per non morire si offre gratuitamente. Gli applausi, risate e i rumori di fondo affidati alla regia. Ma il freddo delle circostanze viene riscaldato dal calore drammaturgico dell’opera. Un testo certo non facile su cui la mini-compagnia ha lavorato per due anni vedendo sfumare in extremis la soddisfazione del debutto bruciata da un impietoso decreto legge. Il lavoro degli attori-registi trae ispirazione dai Multiversi di Hugh Everett. Si avverte una forte suggestione di fondo che teorizza l’esistenza di consistenti universi fuori dalle nostre coordinare spazio tempo. La dimensione parallela si sviluppa nel dialogo stentato dei protagonisti. Nel fondale di una cucina simil Ikea, con un televisore quasi perennemente acceso, si assiste a lacerti di una vita di coppia sfilacciata, a tratti insensata, invano riscattata da affettuosi soprannomi, da rituali di abbraccio che non riescono a dissimulare la profonda mancanza di intesa. Vari piani non simmetrici di racconto in 75 minuti di sviluppo che appare piano in capo a ottanta minuti di felice esibizione. Le parole sembrano infingimenti per riempire il vuoto comunicazionale. Vite senza direzione né programma. Persino una zuppa di porri se preparata in un giorno diverso dal giovedì può provocare sconcerto. Eppure, sotto traccia, la vita cambia e fa da sé e certi passo si rivelano decisivi, quasi irreparabili. Il personaggio femminile, un po’ in disparte nella prima parte, nella seconda cresce di tono e prende il sopravvento con la propria feroce determinazione, decise a uscire dalla gabbia della sopraffazione.
data di pubblicazione:30/10/2020
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