Famiglia ricca snob contro famiglia cheap e malavitosa. Materia già vista con Virzì e ben più efficacemente trattata dal regista livornese. Opera prima supervalutata proveniente da Venezia. Castellitto jr. osa, esagera, strafà. Regista e anche interprete. Ma non è Woody Allen e l’eccentricità non deflagra in una trama coerente in una pellicola sfilacciata e davvero un po’ presuntuosa.
Opera prima che denota l’acerba immaturità del regista. Nella sua freschezza dovrebbe risultare un film con guizzi incoerenti ma la noia è in agguato nell’andamento circolare di un film in cui il personaggio di partenza (Marchioni) deve chiudere un finale tutt’altro che happy. Nel secondo tempo (difetto di montaggio?) il regista non sembra sapere dove collocare la macchina da ripresa e la pellicola gira a vuoto con dialoghi di rara banalità. Spiace trovare impegnati (e sprecati) nell’impresa Massimo Popolizio, il miglior attore di teatro nostrano al momento, e Dario Cassini comico reinventato in un improbabile ruolo grottesco. Molto meglio se la cava Manuela Mandracchia nella parte della regista virago assillata da mille turbe e da violenti scatti d’ira. Il film rimane un ibrido tra la commedia all’italiana e la ricerca di originalità a tutti i costi nella trama e nelle situazioni. Troppa carne al fuoco non governata con materia centrifuga. Il giovane regista-attore si ritaglia una parte distopica che però non emoziona né tanto meno strega. Un’altra occasione perduta dal cinema italiano in un’annata davvero grama, soprattutto se a confronto con la cinematografia d’oltre oceano. Anche in questo caso il trailer illude e rimane una delle cose migliori come condensato di un film con troppe vie di fuga da uno sviluppo coerentemente lineare. Naturalmente la critica embedded (controllare sul web) mostrerà di aver visto un altro film, complice l’effetto-Venezia, a volte miracoloso.
data di pubblicazione:26/10/2020
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Mi trovo a dissentire in parte dalla lettura della pellicola di Castellitto da parte di Daniele. Anche se non sono riuscito nel corso della proiezione ad affezionarmi alla storia ed ai personaggi, ho trovato molto interessante la struttura narrativa soprapposta, volutamente anaffettiva ed improbabile, ma efficace a mio nel rappresentare un grottesco forse alla fine non così irreale. Non c’è denuncia sociale, non c’è un messaggio etico, ma l’ho letta come una istantanea con un grandangolo che distorce ed esaspera i contorni di uno spaccato della società di oggi.
E’ vero che non tutti i personaggi sono convincenti nell’essere così sopra le righe come richiesto (Massimo Popolizio e Manuela Mandracchia sono straordinari in tal senso, ma lo stesso Castellitto è decisamente dentro la parte), è vero che l’esercizio tecnico di ripresa è talvolta compiaciuto e poco funzionale, ma è certamente apprezzabile lo sforzo di voler raccontare secondo un linguaggio personale, ancora grezzo ma non banale. E’ un’opera prima sovraccarica, ma che lascia pensare e tanto. E’ probabilmente l’immaginario delle nuove generazioni che vuole essere ascoltato con il quale confrontarsi. Molto curioso di vedere il suo secondo lavoro.