(Palma d’oro al 53^ Festival di Cannes)
In questo film del 2000 del Lars von Trier torna a rivisitare il “melò”, come già nell’estenuante Le onde del destino. Ma il suo approccio al genere è diverso da quello di un Fassbinder, che lo amava e chiedeva consigli al re Douglas Sirk, e anche da quello di Almodovar, che si limita a stra-citarlo nei suoi “pastiches”. L’operazione di Von Trier è piuttosto di de-strutturazione del genere, tenendo tutti gli elementi ma scomposti, come se da una tavola accuratamente apparecchiata togliessimo di colpo il manto e rimanessero tutte le vettovaglie rovesciate.
In questo panorama, il musical non è elemento straniante, ma anzi definisce i momenti drammatici, come nell’Opera italiana di un Verdi o un Donizetti. E così le scene musicali sono le uniche senza macchina a mano, molto movimentate e montate. Tutto questo non ha valenza negativa, nel mio giudizio si tratta infatti di un’opera eccezionale, sin dal suo potente avvio, con lo schermo scuro per 4 minuti, a preannunciare la cecità della protagonista (la brava Bjorg) e forse, del Cinema. La vicenda tragica, poi, ha momenti davvero toccanti (mai furbi) anche se qualcuno è stato infastidito da un presunto cattolicesimo integralista dell’autore che presenta questa Santa Selma martire.
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