79. MOSTRA INTERNAZIONALE d’ARTE CINEMATOGRAFICA di VENEZIA: QUINTA GIORNATA

Emanuele Crialese apre la quinta giornata del Festival con il film L’immensità che vede come protagonista Penélope Cruz nella parte di una moglie e madre di tre figli nella Roma degli anni ’70, quando in Italia imperversava Raffaella Carrà con la sua Rumore, ed in TV ballava sulle note di Prisencolinensinalciusol cantata da Celentano.

 

Siamo a Roma, in un nuovo quartiere ancora in costruzione, dove vive una famiglia benestante con tre figli. Al di là di un cannetto sottostante il palazzo c’è un insediamento di baracche dove abitano anche nuclei familiari di operai, probabilmente gli stessi che lavorano nei cantieri della zona. Clara e Felice si sono da poco trasferiti nel loro nuovo appartamento, ma è palese che il loro matrimonio è al capolinea: niente li lega più se non il fatto di avere tre figli, tra cui la dodicenne Adriana detta Adri, che vorrebbe che tutti la chiamassero Andrea. Clara è l’unica a non ostacolare la figlia, seguendola in questo suo “percorso” con gioia e fantasia, sino a diventare lei stessa un essere ingombrante per il marito, autoritario ed infantile, e per l’intera famiglia di lui. Il regista, in questo suo nuovo film, ha dato un ruolo decisamente centrale alla scelta musicale, inserendo canzoni che sono state la colonna sonora di quegli anni, a cominciare dal titolo stesso; sul finale è sapiente la scelta della cover di Love Story (mirabilmente cantata dalla coppia Patty  Pravo e Jonny Dorelli) interpretata da Clara ed Adriana. C’è molta attenzione anche nel tratteggiare il carattere dei personaggi, tra cui sicuramente primeggia Penélope Cruz-Clara ingaggiata dal regista lo scorso anno proprio a Venezia, in occasione della presentazione di Madres Paralelas di Almodóvar che le valse la Coppa Volpi. Anche se L’immensità non potremmo definirlo semplicemente un film sull’identità di genere ma piuttosto su certe dinamiche familiari in un’Italia ancora senza divorzio, in cui si imparava ben presto a tacere e ad abbozzare tra le mura domestiche, tuttavia non riesce minimamente ad eguagliare la magia di Nuovo Mondo e Respiro, né l’urgenza del poetico Terraferma, seppur commuova scoprire in esso una forte componente autobiografica confermata dallo stesso regista.

L’ultimo film visto a Venezia per Accreditati è stato Les enfants des autres di Rebeca Zlotowski. In esso si narra di una quarantenne insegnate di liceo, Rachel (Virginie Efira), che non ha figli e segue con molto interesse i propri allievi, soprattutto studiando le loro attitudini per indirizzarli nel mondo del lavoro; la donna come svago prende saltuariamente lezioni serali di chitarra e a volte viene accompagnata dal suo ex compagno con il quale ha mantenuto un cordiale rapporto di amicizia. Durante una di queste lezioni conosce Alì e se ne innamora. L’uomo è separato ed ha una figlia, Leila, di 4 anni con la quale Rachel, seppur senza difficoltà, riesce a stringere un legame molto intenso, fatto anche di quelle cure che una madre mette in atto con un figlio proprio. Rebeca Zlotowski, quarantaduenne regista e sceneggiatrice francese, dichiara di aver girato il film che lei stessa avrebbe voluto vedere al cinema su una quarantenne senza figli che si innamora di un padre single; mentre cerca i trovare spazio nella famiglia dell’uomo, incomincia a sentire il desiderio di avere una famiglia sua. Ma da personaggio tradizionalmente in secondo piano… è costretta a scomparire con la fine della storia d’amore.

Di fronte a tante pellicole che “urlano” urgenze, questo film sussurra con un linguaggio semplice ed essenziale un tema niente affatto secondario, su quanto senso materno ci sia in alcune “madri secondarie” a cui la vita non ha concesso di essere genitrici. Tra i tanti modi di esplorare le cure legate alla maternità o al desiderio di essa, il film dimostra che queste non sono di appannaggio esclusivo delle sole madri nei confronti dei propri figli, ma quasi un’essenza dell’essere femminile anche verso quei figli che, come dice la protagonista, fanno tanto penare i veri genitori per compensare la gioia di averli avuti.

E senza voler svelare altro della storia, lo spirito che si coglie nel visionare la pellicola è esplicitato sul finale dalla scelta, decisamente vincente, della versione cantata da George Moustaky di Les eaux de Mars.

Andate al cinema!

data di pubblicazione:05/09/2022

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