Al quarto giorno di Festival arrivano due film che, seppur non debbano essere necessariamente annoverati tra i più belli visti sino ad ora, li potremmo definire “circolari”: con un inizio, una fine ed una parte centrale che genera sorprese e colpi di scena. Il primo parla di eventi realmente accaduti e dunque il coinvolgimento emotivo del pubblico è più immediato (anche se non scontato); il secondo invece è una storia inventata, ma da parte di chi le storie le sa inventare. Entrambi pare che in sala abbiano incontrato il favore del pubblico.
Argentina, 1985 del quarantenne Santiago Mitre, con un cast di attori molto bravi tra cui primeggia Ricardo Darín, è un film ispirato ad eventi realmente accaduti come il titolo stesso suggerisce. Due procuratori, il navigato Julio Strassera ed il giovane ed inesperto Luis Moreno Ocampo, vengono incaricati dalla procura di indagare sulle atrocità commesse durante la dittatura militare di Videla con lo scopo di perseguirne i responsabili. La fase della creazione del pool è la più difficile perché in procura quasi la totalità è ancora simpatizzante con l’ideologia fascista. I due procuratori allora decidono, contro il parere di tutti, di creare un team formato interamente da giovani inesperti e disoccupati, per arrivare con le loro indagini proprio al cuore delle nuove generazioni e schivare la diffidenza dei più anziani. Il film ha una carica di ironia incredibile ed è uno di quei classici esempi di coralità, in cui la bravura di tutti gli attori porta ad una vera e propria esplosione sul finale, lasciandoci con il gusto della vittoria raggiunta addosso: “ricordo ancora il giorno in cui Strassera formulò l’atto di accusa: il boato dell’aula del tribunale, l’emozione dei miei genitori, le strade finalmente in grado di festeggiare qualcosa che non fosse un partita di calcio, l’idea di giustizia come un atto di guarigione”.
Il secondo film della giornata è Master Gardener di Paul Schrader che ne ha curato anche la sceneggiatura e che quest’anno a Venezia è stato insignito del Leone d’Oro alla carriera: sono suoi, tanto per citarne alcuni, American Gogolò, Il bacio della pantera come regista e Taxi Driver, Toro scatenato e L’ultima tentazione di Cristo come sceneggiatore. Master Gardener è uno di quei film con i tempi giusti, con una sceneggiatura accurata ed un’aria rarefatta che ci fa stare sempre un po’ con il fiato sospeso, dialoghi essenziali dai quali si scoprono cose grandi, attori di livello: un insieme insomma che fa la differenza. Narvel Roth (Joel Edgerton) è il maestro giardiniere al Gracewood Gardens, una tenuta con tanto di giardini e dimora storica di proprietà di Mrs. Norma Haverhill (Sigourney Weaver) ricca ereditiera vedova e senza eredi diretti. I giardini sono molto famosi, e la responsabilità che tutto sia curatissimo è di Narvel che coordina una piccola squadra di giovani giardinieri apprendisti. Tutto cambia quando Mrs. Norma chiede a Narvel di assumere come apprendista la sua pronipote Maya, ragazza ribelle ed unica erede dell’intero patrimonio. La figura di Narvel è il fulcro del film ed è sapientemente tratteggiata, e l’arrivo di Maya farà accadere qualcosa nella vita di quest’uomo schivo e silenzioso che metterà in discussione un presente così meticolosamente organizzato, fatto di tante certezze, facendo riemergere un passato inimmaginabile.
data di pubblicazione:04/09/2022
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