(Berlino, 9/19 Febbraio 2017)
Salutato quasi con una standing ovation, Call me by your Name, unico film italiano presentato in questa traballante edizione della Berlinale nella Sezione Panorama, ha polarizzato a buon ragione l’attenzione del pubblico.
Il film, firmato dal palermitano doc Luca Guadagnino, che ne ha curato la sceneggiatura insieme a James Ivory e Walter Fasano, si basa sull’omonimo romanzo di André Aciman.
L’azione si svolge in una non meglio identificata campagna del Nord d’Italia, dove il professore universitario d’arte antica Perlman e la sua famiglia trascorrono serenamente l’estate. Un giorno arriva il ventiquattrenne americano Oliver che verrà ospitato nella villa affinché possa completare i suoi studi di dottorato: bello ed intelligente, in poco tempo conquisterà l’attenzione di tutta la famiglia, inclusa quella del diciassettenne figlio del professore, Elio. Questi passa il tempo tra la lettura e la musica, dilettandosi a suonare al piano brani classici con una notevole professionalità; ma, come tutti i ragazzi della sua età, ama anche trascorre le serate nei bar a bere e a ballare. La frequentazione quotidiana tra i due giovani si trasforma pian piano in una relazione di cui, come lo stesso Oliver afferma, non c’è necessità di parlarne. La potenza di questo film sta proprio nell’aver utilizzato, attraverso delle immagini definite idilliache dallo stesso regista, un linguaggio espressivo semplice e autentico dove non occorrono parole per definire un sentimento di fatto indefinibile. Le scene sono girate in un modo da far sembrare tutto molto naturale e la fotografia ci fa veramente percepire la gradevolezza del paesaggio estivo in cui è ambientata la storia, ricorrendo a volte a delle dissolvenze che con discreto pudore sottraggono lo sguardo dalle immagini più intime. In sottofondo abbiamo un’Italia degli inizi anni ottanta dove, nonostante le turbolenti questioni politiche, imperava ancora l’idea di guardare al futuro con una giusta dose di ottimismo. Il film non è una love story tra due ragazzi, perché sarebbe troppo riduttivo definirla tale: sin dalle prime scene si viene catturati dalla bellezza dei luoghi in cui è ambientato il film, e dall’interpretazione assolutamente naturale dei due protagonisti Timothée Chalamet (Elio) e Armie Hammer (Oliver), come se la narrazione trattata fosse vita vissuta.
Dopo che lo scorso anno l’Italia ottenne l’Orso d’oro con Fuocoammare di Rosi, risultava alquanto strano che questa nuova edizione della Berlinale non avesse presentato alcuna pellicola made in Italy. Call me by your Name è un film che, in qualche modo, riesce pienamente a riscattare questa inspiegabile assenza, certamente non dovuta alla mancanza di talenti italiani nello scenario cinematografico internazionale.
In selezione ufficiale in questa sesta giornata sono stati presentati altri tre film: The Other Side of the Hope del regista finlandese Aki Kaurismaki, Beuys del tedesco Andres Veiel e Sage Femme del francese Martin Provost, in cui brillava come interprete principale una radiosa ed affascinante Catherine Deneuve.
data di pubblicazione:14/02/2017
0 commenti