(Teatro Argentina – Roma, 24/29 gennaio 2017)
“L’ultimo incontro di un attore con la sua maschera teatrale, ripercorrendo il suo scontro infernale con il mondo culturale.”
Una tempesta di neve imbianca l’albergo sulla costa di Ostenda (città belga affacciata sull’Oceano Atlantico). Al centro della sua imponente e fatiscente hall viene lasciata dal fattorino una valigia, dal contenuto sconosciuto; poco dopo farà ingresso il suo proprietario, l’attore Minetti. È lì perché deve incontrare il direttore del teatro di Flensburg, per interpretare l’ultima volta il Lear di Shakespeare, dopo che per trent’anni si è negato all’arte classica.
Circondato dai fantasmi del passato che lo tormentando, nell’attesa inizierà a dar sfogo a tutti i suoi pensieri, tracciando le tappe principali della sua vita: l’inizio fulgido e sfolgorante, quando era acclamato da critica e pubblico; poi la derisione, l’allontanamento e l’ostracismo, che lo portarono a trovare rifugio nella dimora della sorella, a Dinkelsbühl (nella bassa Germania), dove continuava a esibirsi, solo per lei; e infine l’arrivo nell’asettico albergo belga, per la recita finale del Lear.
Maschera che non lo abbandonerà mai; lo seguirà fino all’ultimo istante.
Thomas Bernhard scrisse l’opera per l’attore Minetti – uno dei più grandi attori tedeschi del Novecento –, mostrando la sua devozione per colui con il quale aveva collaborato intensamente.“L’attore si accosta allo scrittore e lo scrittore distrugge l’attore; esattamente come l’attore distrugge lo scrittore. Fare i conti. Fare i conti. Facciamo i conti senza lo scrittore. Lo scrittore fa i conti senza l’attore. In ogni caso sfociamo nella follia. E allora è arte.”Con lo spettacolo dedicatogli drammatizza la sua storia, poiché anche il tanto celebrato attore tedesco ebbe un inizio difficile e solo tardivamente gli fu tributato l’elogio che meritava.
Il titolo del presente spettacolo è simmetricamente opposto a quello del libro di Joyce Ritratto di un artista da giovane; ma se in quest’ultimo si assiste al risveglio intellettuale, filosofico, religioso di un giovane che si ribella alla società, nell’opera di Bernhard si ha al contrario il progressivo assopimento di un artista consumato e delirante.
Un testo riflessivo, cerebrale, speculativo, che si concentra prevalentemente sul personaggio principale, sulle sue mosse e sulle sue parole. Ruolo che Roberto Herlitzka sublima; tant’è si ha l’impressione che reciti come se non ci fosse mai stato un copione, come se le battute fossero da lui partorite. Si aggira sul palco dimenticandosi dell’età, e dal proscenio prende energia, muovendosi con grazia e maestria nella vasta sala d’ingresso.
Tuttavia, è proprio la dimensione di tale ambiente che porta le parole e i gesti dell’attore a disperdersi, come fiocchi di neve spazzati via dal vento, come gli applausi a fine spettacolo.
“Il successo ascolta solo l’applauso. È sordo a tutto il resto” (Elias Canetti).
data di pubblicazione:26/01/2017
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